Alla mostra di Venezia approda anche Francesca Comencini, figlia d’arte del più noto regista Luigi Comencini, con Il tempo che ci vuole. La pellicola narra la storia di un padre (Fabrizio Gifuni) e una figlia (Romana Maggiora Vergano), e del loro turbolento, ma profondissimo legame. Il film è di natura autobiografica, in quanto rappresenta un racconto intimo di alcuni momenti vissuti dalla regista insieme al padre, affettuoso, ma determinato. Nonostante le diverse scelte di vita e visioni del mondo, entrambi condividono una profonda passione per il cinema. La vicenda si svolge negli anni di piombo (anni ’70), un’epoca di grandi cambiamenti, caratterizzata da lotte politiche e rivoluzioni sociali, ma anche da tragici eventi. In questo periodo storico, l’eroina fa la sua comparsa in Italia, segnando e sconvolgendo la vita di intere generazioni. La regista ha dichiarato infatti: “Questo film è il racconto molto personale di momenti con mio padre emersi dai ricordi e rimasti vividi e intatti nella mia mente. Attraverso la mia storia spero di riuscire a raccontare le cadute di ogni adolescente, quando la favola si incrina, diventi una persona sgraziata e ribelle e senti di essere una delusione”.
Il tempo che ci vuole è un film sincero e onesto che affronta temi difficili come la tossicodipendenza e la depressione, offrendo una visione dell’adolescenza lontana dai soliti cliché. La regista Francesca Comencini critica la sua generazione, in particolare il sostegno alle Brigate Rosse durante gli anni di piombo, evidenziando la violenza insensata e la paura del fallimento.
Nonostante alcune lacune narrative, il film è profondamente intimo e innovativo nel suo racconto del rapporto padre-figlia, un tema poco esplorato dal cinema italiano. La regista si è espressa infatti così su questo rapporto: “Ho voluto rendere omaggio a mio padre, al suo modo di fare cinema, al suo modo di essere, all’importanza che la sua opera e il suo impegno hanno avuto per il nostro cinema, all’importanza che la sua persona ha avuto per me”.
Francesca Comencini è stata in grado di rendere una storia estremamente personale in una narrazione “più universale possibile”, in cui anche - e soprattutto - i giovani di oggi possono immedesimarsi.