Pierre (Vincent Lindon) è un operaio ferroviario di mezza età rimasto vedovo che si ritrova a crescere da solo i due figli ormai ventenni, Louis (Stefan Crepon), il più piccolo e impegnato nello studio, e Fus (Benjamin Voisin), mancato metalmeccanico la cui unica passione è il calcio. I tre vivono a Villerupt, un piccolo comune nell’est della Francia; ben presto però, l’equilibrio familiare inizia a incrinarsi: Louis ha superato il test d’ingresso alla Sorbona ed è prossimo alla partenza per Parigi; Fus comincia a percepire il peso di non essere mai stato all’altezza del fratello, e anzi, si rende conto che proprio quest’ultimo è sempre stato il figlio preferito del padre.
Fus così si chiude in sé stesso, non parla quasi più né con il fratello né tantomeno con il padre; si allontana sempre più dalla scuola e si avvicina a un gruppo di ultras della sua squadra del cuore, con cui stringe un malsano rapporto di amicizia. Questi ragazzi, infatti, sono in realtà simpatizzanti di estrema destra, e sono soliti andare per le strade della città a compiere violenze di ogni genere, dall'affissione di manifesti fascisti a risse davanti ai supermercati, con l’unico scopo di diffondere le loro idee di odio e violenza. Pierre comprende che qualcosa non va nella vita del figlio, e poco dopo ne viene a scoprire l’inclinazione politica, totalmente diversa dalla sua. Tra i due verrà progressivamente a mancare ogni tipo di comunicazione, fino al momento in cui un evento tragico spezza definitivamente la famiglia.
Jouer avec le feu vuole sottolineare le evidenti difficoltà di dialogo tra i componenti di una famiglia in un periodo turbolento come quello dell’adolescenza, in cui le differenze ideologiche tra padre e figlio dapprima rimangono confinate alla sfera domestica per poi trascendere la quotidianità ne coinvolgere le relazioni esterne. L’improvvisa perdita di una madre può rendere più complicato il compito pedagogico del padre che, offuscato dal dolore e totalmente assorbito dal lavoro, finisce per amare il figlio non responsabilizzandolo a sufficienza sulle conseguenze delle sue azioni. Inoltre, vi è il difficile ruolo di mediazione di un fratello che, percependosi come un privilegiato, non dà peso agli eventi, finché non assumono il carattere della tragedia, sentendosi in colpa per le avvisaglie non percepite in precedenza, e schierandosi dalla parte del fratello.
Il clima di instabilità presenta molte analogie con il clima socio-politico che sta attraversando la società francese (come nel resto dell’Europa) di questi ultimi anni, in cui frange estremiste si sono progressivamente ampliate fino a scontrarsi con preoccupante frequenza. Un’ondata di odio derivante da un generale clima di insoddisfazione e malcontento presente in moltissimi giovani (molti dei quali non hanno completato il ciclo di studi), i quali non intravedono prospettive nel loro futuro, e vengono risucchiati dal branco degli estremismi, all’interno del quale credono di poter essere valutati.
In contesti in cui la cultura scarseggia, fermenta il populismo, meno complicato da assimilare nel confronto civile, che vede nel pensiero diverso dal proprio un pericolo da combattere anche scadendo nella violenza. Questo clima finisce per attrarre moltissimi giovani, convinti della loro capacità di “giocare con il fuoco” dell’odio fino al momento in cui la tragedia fa prendere coscienza della realtà, ma purtroppo quando ormai è troppo tardi.