martedì 22 ottobre 2024
"2073": film distopico... ma non troppo
di Matilde Laura Gizzi
Il digitale e l'intelligenza artificiale, fantasmi che hanno occupato la riflessione di molti sociologi e moralisti che intravedono un futuro caratterizzato/dominato dalla sorveglianza e dal controllo, sembrano prendere vita nella storia di Asif Kapadia
6 settembre 2024

Asif Kapadia, regista inglese di origine indiana e premio Oscar per il documentario Amy, sbarca a Venezia, nella sezione Fuori Concorso, con 2073, un documentario distopico innestato con una storia avveniristica sul futuro preoccupante dell’umanità. Nel 2073 la capitale delle Americhe - non degli Stati Uniti - è New San Francisco; è una città arida e devastata sia dall'inquinamento che dalle preoccupanti condizioni climatiche, dove droni, videocamere di sorveglianza e polizia spesso robotizzata, controllano ogni angolo della città, ma soprattutto ogni singolo cittadino.


La democrazia qui è definitivamente scomparsa: le autorità soffocano qualsiasi tipo di dissenso e il potere è concentrato nelle mani di una minoranza di capitalisti dell’industria tecnologica e dei media, detenendo la maggior parte della ricchezza, controllando l’innovazione tecnologica e manipolando l’informazione. Trentasette anni prima, un disastro meteorologico, politico e sociale, noto come “l’Evento”, ha segnato per sempre l’intera umanità. In un vecchio magazzino di Bloomingdale’s, abbandonato dopo la totale soppressione dei diritti umani, alcuni residenti, tra cui Ghost (Samantha Morton), lottano per sopravvivere. La protagonista, dopo la scomparsa della nonna a seguito dell’Evento, ha smesso di parlare, ma grazie alla sua voce fuori campo narra le vicende che hanno segnato l’umanità fino ad ora. Ghost lotta con fermezza per mantenere vivi i ricordi preservati dalla nonna, poiché per le autorità cancellare la memoria della specie umana era un obbligo, in quanto permetteva di manipolare il pensiero, distruggere le varie culture con i rispettivi linguaggi e influenzare le scelte degli individui.

 

Il film è caratterizzato da un montaggio che alterna scene riprese dalla cronaca attuale a scene di fantasia, per rendere la pellicola pregnante per lo spettatore. Kapia ha dichiarato infatti che: “Volevo realizzare un’epopea sullo stato del mondo, utilizzando elementi di fantascienza come lente attraverso cui esaminare le enormi domande che stiamo affrontando come specie e, si spera, trovare soluzioni, prima che sia troppo tardi”.

 

I temi che emergono nel film sono principalmente i seguenti: il crollo della democrazia, con il passaggio dall’autoritarismo e al fascismo soprattutto, l’uso smisurato e spesso incontrollato della tecnologia e la distruzione del pianeta. Il tutto emerso da una ricerca quadriennale da parte del regista, il quale ha infatti dichiarato che: “Mi sono limitato a parlare da remoto con questi esperti e giornalisti e registrare. Per me fare cinema è una questione di fiducia”. Il film si presenta come un potente avvertimento riguardo alla deriva totalitaria e autodistruttiva del pianeta, o forse solo di una gran parte dell’umanità, quella più povera. Questa parte di popolazione, a causa di scelte sbagliate come guerre, resistenza alla transizione ecologica e sfruttamento estremo del pianeta, è costretta infatti a subire esodi forzati e migrazioni.

 

L’opera, infine, ha il chiaro intento di sensibilizzare e denunciare la crescente polarizzazione sociale alimentata dai social media e dai media tradizionali, governati da coloro che finanziano campagne di odio e di disinformazione.

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