
Il film che racconta la truffa Auditel
Tre cortometraggi d’inchiesta che denunciano le irregolarità del sistema Auditel con interviste alle famiglie campione insieme ai giornalisti che hanno condotto le indagini. Giulio Gargia e Roberta Gisotti, curatori del progetto, li hanno presentati in anteprima alla stampa
12 novembre 2015
Tre
cortometraggi per denunciare un «sistema corrotto e inattendibile che dal 1986
misura gli ascolti tv delle famiglie italiane, l’Auditel». Alcuni frammenti de “Il
fantasma dell’Auditel”, “Gli ammutinati dell’Auditel” e “La scomparsa dell’Auditel”
sono stati presentati a Roma lo scorso 11 Novembre presso la Federazione
Nazionale della Stampa Italiana. Alla presentazione è seguita una tavola
rotonda in cui sono intervenuti giornalisti ed esperti della materia.
Una trilogia che alla fiction alterna il documentario per provare a raccontare al grande pubblico il “dietro le quinte” di una società privata che ancora oggi spartisce 4,5 miliardi di investimenti pubblicitari sui quali si basa tutta la programmazione televisiva. I corti, prodotti dalla cooperativa Tam Tam con il contributo della Regione Lazio, sono stati curati dallo scrittore Giulio Gargia, autore del libro “L’arbitro è il venduto”, tra i primi a svelare le irregolarità delle famiglie interne al campione. Insieme a lui Roberta Gisotti, giornalista ed consulente Rai che nel 2002 scrive “La favola dell’Auditel” denunciando la non attendibilità delle rilevazioni (nel 2016 uscirà la terza edizione).
L’Auditel, società italiana che dagli anni ottanta è incaricata di quantificare gli italiani che guardano i programmi tv è da tempo sotto i riflettori di molti giornalisti e addetti ai lavori. Il campione che, secondo la società, dovrebbe rispecchiare statisticamente i gusti della popolazione italiana più volte si è dimostrato inattendibile e inquinato. L’ultimo inciampo si è verificato poche settimane fa, quando un addetto della Nielsen (la società che per conto di Auditel rileva i dati) ha sbadatamente reso noti i nomi delle famiglie appartenenti al campione, bloccando di fatto le misurazioni per quindici giorni.
Un “inciampo digitale” che, secondo Gisotti, non svela nulla di nuovo sull’inaffidabilità di Auditel. «L’attuale sistema che misura gli ascolti tv disegna una tv ferma agli anni novanta. Il piccolo schermo nel frattempo si è evoluto e oggi viene fruito attraverso tablet, smartphone e nuove piattaforme digitali. L’Auditel rileva dei dati che possono servire solo ai pubblicitari trasformando il campione di cittadini in un campione di consumatori. E lo fa senza rendere pubblici i suoi dati perché è una società privata». La legge 249 del 1997 impone di fatto all’autorità garante per le comunicazioni (AgCom) di vigilare sull’operato di Auditel, attività non portata a termine in tutti questi anni. «Quella legge fu solo un compromesso – spiega Vincenzo Vita, giornalista ed ex senatore. Si disse che l’autorità avrebbe posseduto una delega ma ad oggi è stata ininfluente nel vigilare sull’Auditel. Si era pensato di progettare un nuovo sistema di rilevazioni con gara pubblica tra più soggetti, come avviene in Francia. Ma nell’iter di approvazione del testo di legge la proposta fu insabbiata».
Remigio del Grosso, vice-presidente del comitato media e minori (MiSE), è convinto che questo sistema abbia abbassato la qualità delle trasmissioni. «In Rai per molti anni è esistito un sistema di rilevazioni che misurava la qualità delle trasmissioni e non solo la quantità. Ma venne abolito perché i dati erano difformi da quelli di Auditel e costava troppo. L’Auditel non può chiudersi ai controlli e deve permettere ai commissari AgCom di presiedere al suo interno. Non è possibile che la stessa AgCom invii un delegato degli utenti per vigilare il festival di Sanremo e non lo mandi in Auditel per vigilare le misurazioni tv».
Tanti spunti per una battaglia che molti definiscono morale e culturale e che i tre cortometraggi vogliono rilanciare e diffondere anche all’opinione pubblica, il più delle volte ignara di come venga pilotata la programmazione tv. La trilogia verrà presentata al pubblico dal 10 al 13 Dicembre a Viterbo durante la rassegna su cinema e giornalismo Tam Tam Digifest.
Una trilogia che alla fiction alterna il documentario per provare a raccontare al grande pubblico il “dietro le quinte” di una società privata che ancora oggi spartisce 4,5 miliardi di investimenti pubblicitari sui quali si basa tutta la programmazione televisiva. I corti, prodotti dalla cooperativa Tam Tam con il contributo della Regione Lazio, sono stati curati dallo scrittore Giulio Gargia, autore del libro “L’arbitro è il venduto”, tra i primi a svelare le irregolarità delle famiglie interne al campione. Insieme a lui Roberta Gisotti, giornalista ed consulente Rai che nel 2002 scrive “La favola dell’Auditel” denunciando la non attendibilità delle rilevazioni (nel 2016 uscirà la terza edizione).
L’Auditel, società italiana che dagli anni ottanta è incaricata di quantificare gli italiani che guardano i programmi tv è da tempo sotto i riflettori di molti giornalisti e addetti ai lavori. Il campione che, secondo la società, dovrebbe rispecchiare statisticamente i gusti della popolazione italiana più volte si è dimostrato inattendibile e inquinato. L’ultimo inciampo si è verificato poche settimane fa, quando un addetto della Nielsen (la società che per conto di Auditel rileva i dati) ha sbadatamente reso noti i nomi delle famiglie appartenenti al campione, bloccando di fatto le misurazioni per quindici giorni.
Un “inciampo digitale” che, secondo Gisotti, non svela nulla di nuovo sull’inaffidabilità di Auditel. «L’attuale sistema che misura gli ascolti tv disegna una tv ferma agli anni novanta. Il piccolo schermo nel frattempo si è evoluto e oggi viene fruito attraverso tablet, smartphone e nuove piattaforme digitali. L’Auditel rileva dei dati che possono servire solo ai pubblicitari trasformando il campione di cittadini in un campione di consumatori. E lo fa senza rendere pubblici i suoi dati perché è una società privata». La legge 249 del 1997 impone di fatto all’autorità garante per le comunicazioni (AgCom) di vigilare sull’operato di Auditel, attività non portata a termine in tutti questi anni. «Quella legge fu solo un compromesso – spiega Vincenzo Vita, giornalista ed ex senatore. Si disse che l’autorità avrebbe posseduto una delega ma ad oggi è stata ininfluente nel vigilare sull’Auditel. Si era pensato di progettare un nuovo sistema di rilevazioni con gara pubblica tra più soggetti, come avviene in Francia. Ma nell’iter di approvazione del testo di legge la proposta fu insabbiata».
Remigio del Grosso, vice-presidente del comitato media e minori (MiSE), è convinto che questo sistema abbia abbassato la qualità delle trasmissioni. «In Rai per molti anni è esistito un sistema di rilevazioni che misurava la qualità delle trasmissioni e non solo la quantità. Ma venne abolito perché i dati erano difformi da quelli di Auditel e costava troppo. L’Auditel non può chiudersi ai controlli e deve permettere ai commissari AgCom di presiedere al suo interno. Non è possibile che la stessa AgCom invii un delegato degli utenti per vigilare il festival di Sanremo e non lo mandi in Auditel per vigilare le misurazioni tv».
Tanti spunti per una battaglia che molti definiscono morale e culturale e che i tre cortometraggi vogliono rilanciare e diffondere anche all’opinione pubblica, il più delle volte ignara di come venga pilotata la programmazione tv. La trilogia verrà presentata al pubblico dal 10 al 13 Dicembre a Viterbo durante la rassegna su cinema e giornalismo Tam Tam Digifest.
12 novembre 2015

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